Intervista a cura di Gian Mario Gillio
Roma (NEV), 13 maggio 2015 – L’Agenzia stampa NEV ha intervistato il professor Marco Ventura, docente di diritto delle religioni e diritto canonico nelle Università di Lovanio e Siena. Un’occasione per tornare a riflettere sulla libertà religiosa nel nostro paese e sulla proposta che la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) sta promuovendo insieme ad un gruppo di giuristi per arrivare, in tempi brevi, ad un testo di legge quadro per la libertà religiosa da presentare al parlamento italiano.
Professor Ventura, per parlare di libertà religiosa partiamo dal suo libro: “Creduli e credenti. Il declino di Stato e chiesa come questione di fede” edito da Einaudi ed incentrato proprio sul tema del rapporto tra lo Stato e le confessioni religiose.
L’occasione dell’uscita del libro è stata la celebrazione dei trent’anni degli accordi di Villa Madama, la revisione del Concordato tra lo Stato italiano e il Vaticano avvenuta nel 1984. Ricorrenza che a mio avviso è stata ricordata in modo lacunoso e insufficiente. Non si è mai parlato della firma dell’Intesa con l’Unione delle chiese metodiste e valdesi e, ancora più grave a mio avviso, non è stato ricordato che la revisione del Concordato ha sancito e normato che l’Italia non fosse più uno Stato cattolico. La rimozione di questi temi, soprattutto il secondo, è stata a mio avviso significativa. Il libro in qualche modo, seppur uscito poco prima della ricorrenza, ha anticipato ciò che poi è accaduto. L’insufficienza del dibattito è stato il segnale di quel declino, per usare il sottotitolo, o involuzione che oggi pone il “fatto religioso” a mero elemento culturale e identitario e non, come dovrebbe essere, elemento di autentica esperienza di fede. Per questo motivo ho voluto utilizzare proprio la fede come chiave di lettura del libro. Il mio obiettivo è porre la fede, quella autentica e responsabile e che si interroga, in contrapposizione con la religione identitaria e culturale. Da qui il titolo: creduli e credenti, proprio per sottolineare che i creduli sono coloro che si lasciano andare ad una religiosità esteriore ma superficiale, orgogliosa ma strumentale a un progetto culturale o politico che con la fede risulta avere poco a che fare.
Viviamo in un paese multiculturale. E’ un’esigenza affrontare la questione religiosa?
Mi preoccupa il modo in cui viene affrontato il discorso sulla religione, limitandolo allo spazio pubblico che essa occupa, un modo di affrontare la questione che definirei alluvionale. Denoto invece l’assenza di un discorso sulla religione che sia profondo e che colga la complessità del fenomeno religioso che oggi è plurale, variegato all’interno delle stesse denominazioni (cattolicesimo, protestantesimo, mondo islamico, ad esempio). Spesso si trascurano i nessi che le stesse religioni hanno con la società, con la politica, le ibridazioni, i sincretismi che le attraversano. L’impasse in merito alla legge sulla libertà religiosa è rivelatrice di questa contraddizione sempre più ampia e sempre più profonda tra il discorso pubblico che spesso propone una religione che non esiste e una realtà religiosa invece ben presente nel paese: una realtà dinamica che porta con sé straordinari fermenti di progresso, ma che viene fortemente ignorata. Questa noncuranza ha avuto come effetto anche dei lati positivi. Queste realtà spesso ignorate, nella loro complessità, si sono auto organizzate e sono riuscite a darsi da sole e in autonomia le risposte giuridiche di cui sentivano le necessità. Un esempio sono le comunità islamiche che si sono organizzate in autonomia e che hanno instaurato rapporti regolari con il Governo italiano. Un fermento culturale e religioso non debitamente intercettato dai decisori politici.
La FCEI è da tempo impegnata per far approvare dallo Stato italiano una legge quadro per la libertà religiosa che superi la legislazione fascista sui culti ammessi. I tempi sono maturi?
I tempi sono maturi da molto tempo, e non è un gioco di parole. Il percorso avviato nel 1984 che vide la fine dello Stato cattolico, rafforzato poi dalla Corte costituzionale che, nel 1989, riconobbe il principio di laicità, subì tuttavia una battuta d’arresto. Già a metà degli anni novanta i testi erano ampiamente sufficienti e coerenti con il quadro legislativo. La caduta del muro di Berlino e poi le elezioni del 1994 portarono ad una nuova crisi. Tornarono alla ribalta vecchie formule del passato e maggioritarie: l’Italia cattolica, le preoccupazioni per il fenomeno migratorio e poi, dopo la tragedia delle Torri Gemelle, la chiusura al dialogo ecumenico e interreligioso. Il ritorno all’identità cristiana fu uno “specchietto per le allodole” per sottintendere al fatto che l’Italia era cattolica. Proprio in quegli anni ebbe invece inizio un fenomeno che vide in aumento i non credenti, persone che non si riconoscevano in alcuna religione, persone vicine alle “nuove” spiritualità, un fenomeno oggi evidente che, secondo gli ultimi dati del Pew Research Center americano, è destinato a crescere. La mia preoccupazione, malgrado il prezioso lavoro della FCEI, è quella che oggi non si riesca ad arrivare all’approvazione di un testo di legge sulla libertà religiosa. L’altra mia preoccupazione, se dovessimo raggiungere il traguardo, è che quel testo, molto probabilmente, non sarebbe in grado di intercettare la complessità della società religiosa italiana. Tuttavia si sta lavorando per arrivare all’elaborazione di un buon testo condiviso.
NEV