Il provvedimento vietava il culto pentecostale. Ne parliamo con Carmine Napolitano, preside della Facoltà pentecostale di scienze religiose di Aversa (Ce)
Il 9 aprile del 1935 veniva diramata la circolare n. 600/158, la cosiddetta «Buffarini Guidi» – dal nome dell’allora sottosegretario del Ministero dell’Interno – che bandì il culto pentecostale «essendo risultato che esso si estrinseca e si concreta in pratiche religiose contrarie all’ordine sociale e nocive all’integrità fisica e psichica della razza».
Quel provvedimento, considerato il più grave atto di intolleranza religiosa che sia stato compiuto in Italia dopo l’Unità, ebbe gravi ripercussioni sulla vita di centinaia di persone e causò profonde sofferenze alle comunità pentecostali presenti su tutto il territorio. In occasione dell’80 anniversario di quella circolare, abbiamo sentito Carmine Napolitano, preside della Facoltà pentecostale di scienze religiose di Aversa (Ce), progetto della Federazione delle chiese pentecostali in Italia (Fcp).
La circolare “Buffarini Guidi” ha rappresentato la messa al bando di chiese inermi, giovani, composte da persone molto semplici che non riuscivano neanche a capire quali potessero essere le motivazioni per cui un regime così feroce si accanisse tanto contro uno sparuto numero di evangelici poco noto, posizionato soprattutto in aree geografiche e metropolitane periferiche, causando molto dolore e sofferenza. Nonostante molte cose siano state già dette e scritte su quegli anni, credo che gli effetti pratici di quella circolare siano ancora tutti da portare alla luce da un punto di vista storico.
In che senso?
Nella memoria storica delle nostre chiese, alcune delle quali hanno avuto persone direttamente coinvolte in quelle vicende, vi sono narrazioni incredibili di quello che accadde: persone portate via di casa e messe in galera; riunioni di culto interrotte improvvisamente; persone sfollate e mandate via dalle proprie case; gente che venne arrestata e mandata al confino semplicemente per il fatto di essere pentecostale. Vi è stato anche qualche episodio tragico: una persona, finita nel carcere di Regina Coeli perché pentecostale, è risultata tra i morti delle Fosse Ardeatine, qualcun altro è morto in un campo di concentramento. Per il popolo pentecostale – che in Italia esisteva da meno di trent’anni ed era fatto da gente semplicissima, come contadini, artigiani, molti di loro semianalfabeti – ritrovarsi di fronte ad un’operazione di quella portata ha segnato profondamente la memoria delle nostre chiese.
Nel 1955 l’infamante circolare venne abrogata. Ma ancora oggi è in vigore la legge sui culti ammessi del 1929 che regolamenta i rapporti tra lo Stato italiano e le confessioni diverse dalla cattolica che non abbiano stipulato una «Intesa». Qual è la situazione delle chiese che fanno parte della Federazione delle chiese pentecostali (Fcp)?
Nel secondo dopoguerra molte cose sono cambiate per il mondo pentecostale per diversi motivi: è mutato il regime statale, è stata approvata la Costituzione italiana, e molti evangelici di più lunga tradizione hanno sposato la causa dei pentecostali, come Giorgio Peyrot, Giorgio Spini, accanto ai quali vanno ricordati importanti personaggi come Gaetano Salvemini e Piero Calamandrei. Quando la Fcp è nata 20 anni fa, il livello di riconoscimento giuridico delle sue componenti era molto basso. Negli anni la situazione è mutata: quasi tutte le grandi organizzazioni della Federazione, cioè quelle di interesse nazionale, hanno il riconoscimento giuridico; alcune lo hanno conseguito in tempi molto recenti; la Chiesa apostolica in Italia, che aderisce alla Fcp, ha stipulato un’Intesa; infine, un altro circuito di chiese che aderisce alla Federazione, sotto un ombrello giuridico denominato “Consulta evangelica”, sta trattando l’Intesa con lo Stato.
Da allora, dunque, è stato più semplice per i pentecostali vivere la propria fede e confessare il proprio culto?
Indubbiamente sì, dagli anni ‘60 in poi le chiese pentecostali sono state lasciate un po’ in pace. Questo però non è andato mai di pari passo con una vera possibilità di pari opportunità e di pari dignità, perché sul territorio le chiese hanno sempre risentito di un atteggiamento di ostilità sia da parte delle amministrazioni sia da parte della chiesa di maggioranza.
In Italia ancora non c’è una legge quadro sulla libertà religiosa. Qual è l’impegno della Fcp su questo versante?
Credo che nella Commissione delle chiese evangeliche per i rapporti con lo Stato (Ccers), la Fcp sia stata uno dei soggetti più attivi, in qualche caso contribuendo in modo diretto anche ad una discussione che rivalutasse il discorso intorno alla necessità di una legge generale sulla libertà religiosa. Da alcuni anni poi, nel contesto di una società caratterizzata dal pluralismo religioso, questa è diventata una battaglia di tutto il mondo evangelico, alla quale mi sento di poter dire che la Fcp ha dato un contributo decisivo.
Ottanta anni fa centinaia di pentecostali furono arrestati, subirono minacce e percosse a motivo dell’Evangelo. Oggi, in molte parti del mondo i cristiani vengono uccisi e perseguitati a motivo della loro fede…
Siamo molto colpiti da questi fatti in virtù della memoria delle persecuzioni vissute dai nostri fratelli e dalle nostre sorelle nella fede che ci hanno preceduto. Da nostre fonti sappiamo che spesso i cristiani perseguitati e uccisi sono di fede pentecostale: dal punto di vista del coinvolgimento emotivo questo è significativo perché vediamo compiersi in altre parti del mondo cose che pensavano di non voler e dover più vedere.