Il fenomeno pentecostale negli ultimi anni è al centro dell’attenzione di antropologi, sociologi e storici delle religioni, ed è diventato una sorta di fulcro intorno al quale vengono costruite ipotesi euristiche di più generale carattere storico. Una spiritualità liquida dentro una chiesa leggera così è stato definito il fenomeno. Una forma di modernità religiosa caratterizzata dal rifiuto dei fondamentalismi legati al letteralismo ancorché ortodossa in alcune sue espressioni. Un movimento, o più movimenti, caratterizzati dal rifiuto della religione come istituzione, dal cristianesimo non denominazionale, quello marcatamente legalista e normativo, ma caratterizzato da un cristianesimo più esperienziale e meno dogmatico, flessibile nelle sue formulazioni, post-moderno ma anche post-protestante, di fronte alla credulità, dell’uomo di oggi.
Questa è in sostanza l’analisi del pentecostalesimo come fenomeno che irrompe nella scena globale da poco più di un secolo e in forte espansione in un mondo globalizzato, analisi che è stata trattata nel convegno tenutosi all’Università di Roma “La Sapienza” il 27 maggio 2014, presso la Facoltà di Lettere e Filosofia, a cui ho partecipato. Il tema è stato: Trasnazionalismi, pentecostalismi e processi di pentecostalizzazione. Incroci di sguardi sulle religioni in movimento.
Sono intervenuti diversi relatori, sociologi e antropologi, dottorandi e ricercatori, coinvolti durante il meeting organizzato dal Dipartimento di Storia Culture e Religioni – Master in Religioni e mediazioni culturali – de “La Sapienza”, i quali hanno trattato il tema nei suoi molteplici aspetti. Le varie relazioni hanno evidenziato: la globalizzazione pentecostale, cioè la crescita esponenziale dei movimenti pentecostali. Come il movimento pentecostale sta cambiando l’africanistica. Gli immigrati pentecostali a Roma. L’offerta pentecostale e il mercato religioso. I pentecostali in Brasile, tra revival e politica. Pentecostali in Uganda. Questi temi hanno evidenziato la fede pentecostale manifestata nelle varie espressioni etniche e culturali, soprattutto africane, come il caso dell’Uganda, per quanto riguarda la “lotta” spirituale contro i demoni o del controllo della sessualità.
Le analisi e gli studi svolti dai ricercatori possono essere sicuramente condivisibili sia dal punto di vista della sottolineatura di alcune “effervescenze” fisico-estatiche dei cosiddetti neopentecostali, perché di questi soprattutto si è parlato, sia dal punto di vista delle ricadute sociali del “fenomeno” pentecostale in generale. Quello che è stato rilevato meno è, ancora una volta, una lettura e spiegazione di carattere teologico della ‘spiritualità’ pentecostale. Questa lacuna è stata colmata in maniera indiretta dal Preside della Facoltà Pentecostale di Scienze Religiose, prof. Carmine Napolitano che ha parlato del ruolo e delle prerogative di una Facoltà Pentecostale in Italia, anche per il contributo che una Facoltà Pentecostale potrebbe dare alla ricerca stessa rispetto a queste tematiche.
La mia riflessione è che questi convegni chiamano in causa tutti i pentecostali. L’obiettivo della pentecoste, infatti, è “Mi sarete testimoni”!, quindi l’impegno è sul ‘fare testimonianza’ di ognuno, in contrapposizione ad un pentecostalesimo centrato sulla performance del rito o sullo straordinario legato all’evento sensazionale liturgico-carismatico, di una comunità di seguaci adunati e affascinati dal potere di un leader carismatico, tipico del post-pentecostalesimo.